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LIBRO PRIMO 329

tuoi desiderj; e vie più coraggiosamente il facciamo scorgendoti sapientissimo nel temperare in guisa la potenza colla giustizia da non lasciarti indurre a credere di te amantissimo chiunque è ognora plaudente alle tue proposte, né a comportare con fastidio chi osa talvolta discordarti: ma tenendo mai sempre nel giudicare l’animo lontano da ogni passione, ci conforti a nulla temere mostrandoci teco sinceri. Quindi è, o Giustiniano, che vengo ad aprirti liberamente il cuor mio, affatto convinto che sebbene avessi tu ora a dolerti del consiglio, non tarderai però a ravvisarvi una manifesta pruova di rispettoso affetto, del quale non vorrò mai altra testimonianza che la tua; e di vero se non avendo io forza di persuaderti moverai contro i Vandali, la sola molesta durata della guerra, affé di Dio lunghissima, ti chiarirà la rettitudine de’ miei sentimenti. Che se tu fossi certo di uscirne vincitore, potresti di buon grado chiudere un occhio sopra i disastri inseparabili dall’impresa, la mortalità intendomi delle truppe, il rifinimento del pubblico erario, le gravissime fatiche ed i pericoli sommi, bastando una gloriosa meta ad immergere nell’obblio tutti i mali sofferti. Ma se il Nume è l’arbitro della vittoria, e se l’esperienza del passato ne costrigne a paventare di continuo la sorte delle armi, perché anteporrai ad una vita sicura e tranquilla un pelago immenso di rischi e travagli? Vuoi tu guerreggiare Cartagine, ma non pensi che hannovi cenquaranta giornate d’un cammino pedestre, o la navigazione dall’un capo all’altro del Mediterraneo avanti