per nascita, ai quali partecipò che apparentemente destinavali a schiavi de’ più cospicui patrizj del senato romano; eglino però entrati nelle case loro e servitili con sommessione e rispetto, dovevano in tal giorno, che saprebbero in appresso, tenersi pronti, mentre i padroni dopo il pranzo riposavano, ad aprire, morti i custodi, la porta Salara. Fece quindi ambasceria alla città per attestare al senato la sua grande compiacenza mirandolo zelantissimo del proprio monarca, e per assicurarlo che in avvenire e’ goderebbe dal canto suo tranquillità perfetta; ed a maggiormente provargli che era profondo ammiratore di tanta virtù, inviava a ciascun membro di esso uno schiavo: partirono que’ giovani, e poco stante fu divulgato il comando alla soldatesca di strappare in varii luoghi gli steccati. I Romani creduli alle costui parole cominciarono ad allegrarsi senza punto misfidarne; e vie più allontanavano le menti da ogni sospetto nel vedere i nuovi schiavi attentissimi ai servigi loro, parte dell’esercito, svelte le insegne, levare il campo, ed avervi ogni sembianza che tra breve il resto ne imiterebbe l’esempio: arrivato però lo stabilito giorno, e fattosi da Alarico impugnare le armi alla truppa e procedere all’antedetto ingresso, dove appunto era il suo padiglione durante l’assedio, i trecento all’ora determinata furono presti a trucidare la guardia, ad aprire la porta ed a ricevere l’esercito entro le mura. I soldati appena giuntivi misero a fuoco alcune case, e quella tra esse, dello storico Sallustio, rimanendone anche a dì nostri le rovine; ed allorchè ebbero