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LIBRO SECONDO 273

Pietra vi rinvenne per ogni presidio soli trecentocinquanta individui feriti, e cencinquanta sani e gagliardi, morti essendo gli altri tutti; ed i costoro cadaveri non si vollero durante l’assedio buttar fuori delle mura secondo il persiano costume, pago ognuno di sofirirne con prodigiosa tolleranza l’infezione, piuttostochè accrescere il coraggio dell’avversario esponendo al suo sguardo la grave lor perdita. Il duce nell’osservare tai cose ora lagrimava quegli infelici, ora scherniva la repubblica dei Romani, abbiettissima al segno di non aver potuto superare nè con arte nè per forza alcuna centocinquanta Persiani rinchiusi in una città sfasciata di muro. Quindi fece subito riparare con molta diligenza ai danni prodotti dagli scavamenti, e la mancanza di calcina e di altro materiale all’uopo fu supplita con sacchi pieni di arena, dentro cui sogliono i Persiani portare nella Colchide la vittuaglia, i quali accatastati gli uni sugli altri poterono servire di riparo. Vi lasciò inoltre una guernigione di tre mila uomini de’ più valenti, ed annona per breve tempo; dato ordine poscia di accudire senza posa ai lavori mosse indietro colla rimanente oste. Considerando però che sarebbongli venute meno le bisogna della vita se avesse ricalcato la gia battuta strada, voltossi ai monti dove era certo che il suo esercito non avrebbe a sostenere difetto alcuno. Se non che lungo la via tal Fubelio, personaggio ragguardevole presso de’ Lazj, e Dasisteo fecergli agguato, e riuscirono a predare qualche suo cavallo ne’ pascoli, mettendone in fuga i custodi.

Procopio, tom. I. 18