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LIBRO SECONDO | 251 |
ai Romani, terminò minacciandoli di trattare gli Edesseni vie peggio ancora se non ricevesse tutto il danaro guardato entro quelle mura, ed a quest’unico patto promise ritirare l’esercito. L’ambasceria in cambio si dichiarava prontissima a comperare gli accordi, ma supplicavalo di proferire oneste domande, non avendovi uomo che prima di combattere atto sia a pronosticare veracemente l’esito della guerra, ed a misurarne tutti i pericoli. Punto il barbaro dall’arditissima risposta ordinò loro di subito partire.
III. Correndo l’ottavo giorno dell’assedio il re comandò che s’inalzasse rimpetto alla città un cavaliere, e l’opera ebbe subito principio col taglio di moltissimi alberi, che vennero poscia disposti in forma quadrata e coperti di terra e di pietre; ed a rendere più spedito il lavoro si trascurava ogni servitù di scalpello verso queste, allogandole siccome portavansi dalle cave. Furonvi eziandio intramesse lunghe travi all’uopo di collegare vie meglio l’opera e darle solidità maggiore nel suo inalzamento. Ora Pietro, altro dei duci soprastanti al presidio, il quale con Martino e Peranio difendeva la muraglia rimpetto al cavaliere, spedì una mano di Unni a combattere improvvisamente gli operai, e molta ne fu la strage, narrandosi per sino che tale di essi, nomato Argeo, ebbe l’animo di ucciderne ventisette1. Ammaestrati dall’avvenuto i barbari procedettero di poi nel lavoro con tale e tanta cautela che non fuvvi più mezzo di sorprenderli una seconda volta. Innalzatosi