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LIBRO SECONDO 247

vano fare giornata. I Persiani dal canto loro, ristretta l’ordinanza, stavano immobili ad osservare l’esercito nemico, giusta il comando avuto dal capitano di non essere in modo alcuno i primi ad assalire, ma di opporre, provocati, una ostinata resistenza.

IV. Primo di tutti adunque Narsete cogli Eruli e coi Romani si fa innanzi, e fidando nelle sue forze attacca il nemico di contro, mettelo in rotta, e lo costringe a riparare nella rocca; ed intanto egli animando ognora i suoi, quantunque ristretti in augustissimo spazio, non cessa d’incalzarlo; ma balzando fuori i barbari dagli agguati avventansi all’imprevista contro degli Eruli, ed uccisine molti feriscono dentro all’occhio Narsete stesso, che tolto di là dal fratello Isace poco stante spirò, uomo al certo più che valente ed utile in questa guerra, e colla morte di lui surse grande scompiglio, facil cosa da immaginare, tra’ Romani. Allora mosse Nabede con tutte le truppe, abbattendo in tanta malagevolezza di terreno molti d’ogni gente nemica, moltissimi però degli Eruli, primi a cimentarsi e disarmati in campo; sendo egli sprovisti di celata, di corsaletto, e d’ogni altra guisa d’arme a riparo de’ corpi loro, secondo la nazionale usanza di marciare alla guerra col solo scudo e coperti di vile e logoro mantello cinto sui reni; e fin lo scudo è interdetto ai servi prima che abbian dato prova di grande valore: tanto giova sapersi degli Eruli. Gl’imperiali discorati dall’impeto de’ Persiani voltan tutti a gara le spalle, dimentichi della virtù e dell’onor romano, e questo procedere fu sì vituperoso che il nemico stesso vedendolo nol ritenne già effetto di timore, ma strata-