le scale nella speranza di entrarvi, con ogni agevolezza Cosroe, informato anch’egli di tutto, inviò al duce rinforzi, e l’ordine di adoperarsi con istraordinario coraggio per vincerla; mandovvi eziandio un ariete a fine di abbattere alcuno, degli ingressi, ed in tanto da luogo elevato e’ stava mirando la impresa. Ma la guarnigione spalancate improvvisamente le porte avventossi contro gli assalitori e miseli in fuga1. Il Persiano allora fece appiccare per la gola Aniavedo in pena dell’essersi lasciato sorprendere da un uomo sì ottuso ed inesperto com’era il duce romano: si pretende tuttavia da altri che il gastigo non colpisse Aniavedo, ma il sovrastante all’ariete. Circondate di poi col nuovo giorno quelle mura, gli assediatori principiarono a tirarvi dentro incessantemente, e gli assediati a difendersi con ogni lor mezzo, dapprima forte molestando il nemico senza riportarne danno, favoriti dalla opportunità di saettare dall’alto al basso; ma quando fu trafitto il comandante loro da una freccia nella gola ed ucciso, e’ caddero nella massima costernazione, ed un fato avverso rendeva la perdita della città inevitabile: sul far della notte i barbari tornarono al campo, e colla dimane s’accinsero a formare una mina del tenore seguente.
- ↑ Marcello valendosi del medesimo stratagemma in Nola contro i Cartaginesi, riuscì ad ingannare l’accortissimo duce loro ed a liberare quelle mura dall’assedio: o Fu questa la prima volta, scrisse Plutarco, in cui le truppe di Annibale vinte restarono, e respinte fino al campo con grave loro perdita, ascendendo questa a cinque mila uomini, mentre i Romani non ne perdettero che cinquecento.» (V. di Annibale, trad. del Pompei).