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186 GUERRE PERSIANE


VI. L’ambasceria confutò parte delle accuse col dichiarare male interpetrate le imperiali parole, e del restante, assolvendone Giustiniano, versò tutta la colpa sopra taluno dei romani ministri. Il re da ultimo chiese molto danaro a comporre ogni controversia, e non per una sol volta, dicendo che le paci altrimenti compre cessano col finir dell’oro pagato al vincitore, ma che volendosi stabili era uopo farle sorgenti d’annuo censo, e così i Persiani custodirebbero volentieri le Porte Caspie, nè moverebbero più querele contro la città di Dara, perocchè di tempo in tempo risentirebbonne qualche profitto. E replicatogli dall’ambasceria che di tal guisa e’ mirava ad aver tributario l’imperatore, soggiunse: «Tutt’al contrario, ma bensì molti dei nostri soldati addiverranno servi dei Romani col farsi loro difensori: ed anche ora non accordate voi annualmente certa quantità d’oro agli Unni ed a parecchi Saraceni, senza ritenervi loro tributarj, acciò guardino i vostri confini?».

VII. Si convenne adunque, dopo assai dispute tra loro, che i Romani sborserebbero di subito a Cosroe la somma di cinquanta mila aurei ed altrettanti ad ogni anniversario di questi accordi1, acciocchè egli cessasse dal molestare l’imperio; ed a tali condizioni gli ambasciadori, promettendosi ambe le parti vicendevolmente la piena osservanza de’ trattati nel tempo avvenire, diedero gli ostaggi2.

  1. Il Cousin riduce la prima somma a cinque mila marchi d’oro, e l’annuale a cinquanta.
  2. Anno 9 dell’imperio di Giustiniano, e 536 dell’era volgare.