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LIBRO SECONDO 159

ricchi di schiavi, montatone il numero a cento venti mila1, e di danaro tornarono liberi nella terra natale. Coll’andare similmente degli anni fecero nuove scorrerie dannosissime ai Romani, ed in una di queste nel combattere il Chersoneso, gabbando i terrazzani, salironne le mura dalla banda del mare nomata Melana2, e fattavi strage degli abitatori condussero seco il resto prigioniero. Altri poi di essi navigando lo stretto che da Sesto mena ad Abido3 saccheggiarono molti luo-

    dentemente desideravano. Lo stesso re nel tratto successivo espugnata avendo Potidea ne trasse fuori il presidio ateniese ed il rimandò ben trattato ad Atene; avendo un certo rispetto al popolo ateniese, come quello che per potenza e dignità andava innanzi a molti. Consegnò poi agli Olintii quella città (Potidea), i cui abitatori farono fatti schiavi, e ne donò ai medesimi le campagne e l’intero territorio» (lib. xvi, c. 3); Pausania in fine succintamente narra i destini di Potidea in questo modo: «I Potideati oppresseli il sovvertimento del proprio stato accaduto per Filippo di Aminta, ed anche prima per gli Ateniesi (nell’Olimp. lxxxvii). Tempo dopo li rimise in istato Cassandro, ma invece del nome antico fu dato alla città il nome di Cassandria da quello del restitutore» (l’Elide, cap. 23; id. cap. 11. V. parimente Tucidide, lib. i).

  1. Il Cousin riduce il numero dei prigionieri a soli ventimila.
  2. Ebbe forse un tal nome dal fiume Melana discorrente per quelle terre. V. Arriano, Spediz. di Aless., lib. i.
  3. Ora Aveo e Aidos, città in Asia nello stretto di Gallipoli, rimpetto a Sesto; celebre per la sventura di Leandro, e per la fabbrica di quel ponte prodigioso che Serse vi fece edificare per congiugnere l’Europa all’Asia. Presentemente Sesto ed Abido, l’uno dirimpetto all’altro nello stretto, sono due munitissimi forti cui vien dato il nome di Dardanelli.