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LIBRO SECONDO 153

e di vero conservammo tali diritti sino a quella decantata pace tra voi conchiusa, cui senza errore me-

    zione degli Indiani di là del Gange, e da Nino ebbe principio il sovrano potere in essa: morto costui passò la corona a Semiramide; quindi alla prosapia loro sino a Belo, figlio di Decertado e ultimo germe della schiatta di quella regina, dopo il quale un intendente de’ reali giardini, Belitaran di nome, pervenne scaltramente ad occupare il trono, e i discendenti suoi lo ritennero finchè, regnando Sardanapalo, Arbace medo e Belessi babilonese disfecersi di lui, abborrendone la pusillanimità, e tolsero la monarchia agli Assirii per conferirla ai Medi; ciò accadde mille trecento sei anni dopo il principio del regno di Nino, siccome leggiamo in Ctesta cnidio e in Diodoro siculo. I Medi ottenuto in simigliante guisa il regno governaronlo con proprie leggi per anni trecento, compiuti i quali Ciro di Cambise, debellato Astiage, fondò la monarchia persiana; nè è da maravigliarne ove riflettasi ch’egli tratto avea in Persia i natali, e che fortemente disdegnava i Medi in causa della guerra fatta ad Astiage. I re persiani ebbero il comando per anni dugento venti, allo spirare de’ quali venne rovesciato il trono ed annullata tutta la grandezza loro da Alessandro di Filippo, che sconfisse Dario, figlio di Arsame, e fece la Persia tributaria della Macedonia. Fu costui nemico sì fiero ed invincibile, che il solo terrore inspirato dall’udirne il nome bastò a conservare lungamente la suprema autorità presso de’ suoi macedoni successori. Ed il possederebbero, a mio credere, ancora se non fossersi rovinati di per sè colle divisioni e col furore delle civili guerre, mostrando in simigliante modo ai loro avversarii che potevano essere vinti. La sola differenza di sette anni, volendo prestar fede a Polistoro, v’ha tra le durate dei regni macedonico e medo. Esso alla fine cadde per opera dei Parti, nazione sino allora pressoche ignorata, e costretta mai sempre a giacere sotto il giogo altrui.