che nè il re, nè altri ebbene il menomo sospetto. Levatosi però Cosroe in appresso con forte esercito a guerreggiare la Colchide e seco menando Varame figlio di Adergudunibade, questi appalesogli la frode, e condusse alla sua presenza in testimonio il servo stesso partecipe del fatto; al che il monarca grandemente adiratosi contro l’infedele canarange, nè potendolo di leggieri avere in sua mano, pensò abbindolarlo con tale artifizio: sendo egli in procinto di abbandonare la Colchide e rivenire in Persia, manifestogli con lettera un suo finto piano di sorprendere per due luoghi differenti le romane terre; volendosi pertanto dimezzare l’esercito a fine di corseggiare ad un tratto al di qua e al di là dell’Eufrate, l’una delle parti condurrebbe di per sè, e conferirebbe a lui, in premio di sua virtù, la capitananza dell’altra; venisse dunque speditamente per concertare seco le misure necessarie al buon evento della impresa; mandogli inoltre delle scorte acciò il seguissero per via. Quegli contentissimo di tanto onore, e ben lunge col pensiero dalla mala ventura che lo attendeva, partì all’istante. Ma cavalcando perduta la forza, in causa dell’età sua non più idonea alle fatiche del viaggio, di tenere in briglia il destriero, cadde, e riportando grave offesa in una gamba fu costretto a sospendere il cammino, e ad occuparsi della propria salute. Cosroe allora, fattoglisi incontro, il consigliò, dacchè la sofferta disgrazia rendevalo inetto al comando dell’esercito, di lasciarsi trasportare in un castello per esservi a suo bell’agio curato; e di tal guisa mandavalo a morte, avendo prescritto che lo accompagnassero gli esecutori