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della fortuna di Teodosio spezialmente mostravasi assai rattristato, nè senza ragione: perciocchè, quantunque figliuolo, niun conto facevasi di lui; e Teodosio al contrario avea e credito e ricchezze enormi, essendo voce pubblica, che dagli erarii di Cartagine e di Ravenna aveasi appropriate dieci mila libbre d’oro, poichè nel maneggio del denaro dello Stato non avea collega, e godeva intanto di somma autorità. Or saputa ch’ebbe Antonina la risoluzione di Teodosio, non cessò di perseguitare il figliuolo, e con arte poco meno che da parricida circonvenirlo, finchè ottenne, che incapace di sostenere tanti intrighi, e tanta malevolenza, partisse, e se ne andasse a Costantinopoli, e Teodosio venisse a lei in Italia: d’onde, poichè abbondantemente rimase sazia della convivenza col drudo, e della fatuità del marito, accompagnata da entrambi si restituì a Costantinopoli. Qui però Teodosio cominciò a sentire i rimorsi della coscienza, ed a pensar seriamente a prendere migliore risoluzione. Capiva egli che la sua tresca non poteva starsi occulta, veggendo la donna incapace di mettere alcun freno alla libidine; chè anzi abbandonata apertamente alla sfrenata passione niun ribrezzo faceale l’opinione e l’infamia di adultera, ch’ella presso il pubblico avea. Laonde ritornatosi ad Efeso, e fattasi, com’era uso, tagliare la chioma, si fece monaco. Alla nuova di questo fatto Antonina ebbe ad impazzire; perciocchè non si fece riguardo di dimostrare la tristezza che venne ad opprimerla, e colla qualità del vestito che prese, e con quella del vitto. Vedeasi inoltre di tratto in tratto correre lagrimando, ed urlando per tutta la casa; e