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in questa parte di Storia tanto riferire i fatti fino ad ora tacciuti, quanto il palesare le cagioni de’ raccontati.
Ma grave e scabrosissima difficoltà mi si presenta, dovendo dir della vita di Giustiniano e di Teodora: al quale argomento volgendo l’animo tremo, e sento rifuggirne ben lungi il pensiere, poichè sono per iscrivere cose che ai posteri non parranno nè degne di fede, nè verosimili. E temo sommamente che quando la Storia di queste cose pel lungo corso di tempo fia divenuta assai vecchia, io non abbia a passare per un favoleggiatore, e confuso cogli scrittori di tragedie. Se non che d’altra parte mi conforta, e fa che la gravità delle materie non mi atterrisca, il sapere che non racconto altro che cose comprovate; e che quelli, i quali oggi giorno vivono, testimonii certissimi de’ fatti seguiti, hanno autorità bastante da tramandarne alle susseguenti generazioni la fede, ch’essi meritano.
Debbo dire però che per lungo tempo un’altra fortissima considerazione ritraeami dallo scrivere queste cose; ed era che riputava non essere esse per interessare i posteri, meglio essendo che nelle età future s’ignorino le scelleratissime azioni commesse, anzi che saputesi dai tiranni dieno loro la tentazione d’imitarle. Pei più di coloro, che hanno dominazione sugli uomini, sempre è aperta la via a seguire stoltamente i vizii de’ maggiori; e più facilmente, e più prontamente sogliono cadere nelle nequizie degli antichi. In opposto però un’altra considerazione fece forza sull’animo mio per tramandare colla Storia la notizia di queste cose; e fu che quelli che in appresso vorrano esercitare la tirannide,