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lante ancella del Sacerdote, istigante Pietro a negar Cristo. Ma è poco il condannarla con questi nomi, poichè tutte le altre donne superò in empietà. Abbiasi ella piuttosto dall’Inferno il nome dato favolosamente alle Furie. Femmina fu costei furente, da dirsi Aletto, Megera, Tisifone, cittadina dell’ Erebo, amica del demonio, agitata dallo spirito di Satana, invasata da estro diabolico, nemica di ogni concordia a sì grande stento stabilita, e fugatrice della pace comprata col sangue de’ martiri, acquistata coi sudori de’ confessori».

Parlando quindi di Giustiniano dice: «Le opere stesse che, mentre Giustiniano da questo mondo si dipartì, lo accompagnarono, contro di lui fin qui gridano sulle carte; cioè quella continua guerra ecclesiastica, che cacciata in bando la pace che avea trovata, perpetuamente mantenne, e che morendo lasciò accesa; gl’immensi sacrilegii, poichè sì spesso mise le mani violente sugli unti del Signore, i santissimi Vescovi, come fu tra gli altri, sopra Vigilio, romano pontefice, ed Eutichio, santissimo patriarca di Costantinopoli; la crudeltà contro cittadini innocenti da Evagrio deplorata, e l’avarizia riprovata dal medesimo anche più fortemente, per lasciar di dire altre cose. Che sentenza poi, morto, innanzi al tribunale terribile della Maestà divina abbia avuta;