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antecedentemente noti. Per lo che io penso, che a questo libro abbia l’Autore dato il titolo di Storia segreta, non già, come l’Eiscelio e il Rivio pedantescamente credono, dall’avere il suo Autore voluto tenerlo nascosto, ma dall’avere in esso piuttosto riferite cose, per la più parte in quanto o all’origine, o ai mezzi, od ai meditati divisamenti, fuori della cognizione dei più. Il che si accosta eziandio al senso, che comunemente diamo oggi anche noi alla parola aneddoti, che siamo usi appunto ad applicare a fatti particolari, e generalmente non conosciuti.
Da ciò, che detto aveano i già citati Scrittori, e dai frammenti, che di questo libro di Procopio avea Svida conservati rispetto a Giustiniano e a Teodora, di entrambi parlò il Baronio coi termini, che lo zelo della religione da essi oltraggiata, e della chiesa in tante guise tormentata da essi, poteva suggerire a lui, scrittore piissimo, e padre della Storia ecclesiastica. Piacemi recare qui le sue parole, come quelle che giustamente sono attissime a salvare Procopio da ogni odiosità. Dice adunque il Baronio: «Tanti mali codesta rea donna fece, che può dirsi una seconda Eva, la quale badando al serpente fu causa di tutti i mali al marito; una nuova Dalida, che con arte fraudolenta cercò di levare le forze a Sansone; un’altra Erodiade sitibonda del sangue degl’uomini santissimi, una petu-