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vissima si presenta spontanea a chi alcun poco medita sulla franchezza da Procopio usata in questi otto libri della sua Storia; ed in questa. Com’ebb’egli coraggio di diffondere per tutto l’Imperio una Storia scritta con tanto ardimento? come Giustiniano non solamente non ne fu punto, ma conservò fede, ed accrebbe autorità allo Scrittore? Questi due atti formano nella politica e nella morale la materia di un problema, che sarebbe degno degli studii de’ filosofi. Non è di mio istituto l’imprenderne qui la risoluzione. Io mi limiterò a dire che ben a ragione da Giustiniano fu Procopio qualificato del titolo d’illustre, siccome Svida attesta, perciocchè chi meglio potè mai meritare sì onorevole denominazione, che un uomo di sì alto animo da presentare a monarca potentissimo, e di tanto basso sentire, come Giustiniano, lo specchio fedele de’ suoi peccati? Noi non abbiamo nella Storia l’esempio di altro eguale trionfo della verità.

Io credo, mio buon Amico, di avere dimostrato abbastanza che la Storia segreta di Procopio non è una Satira dettata dalla vendetta; e che non contraddice punto alla Storia pubblica precedentemente dal medesimo scritta. Penso che mi riuscirà egualmente di provare che lungi dal non parere sempre vera la Storia segreta di Procopio, tutto anzi concorre a comprovarla verissima.