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zione di sè: perchè sarebbesi svergognato presso i posteri? Il sospetto adunque è meramente gratuito, e si risolve in calunnia. Se non apparisce alcun motivo di rancore, come mai parlar di vendetta? Fa meraviglia che Scrittore di tanto fino accorgimento qual’era Voltaire, e conoscitor sì profondo del cuore umano, sia caduto in questo sospetto riguardo a Procopio.

Nè sussiste poi che la Storia segreta contraddica, com’egli ha supposto, alla Storia pubblica, cioè a quanto egli scrisse ne’ libri da lui pubblicati. Intraprendendo le sue Opere storiche, splendida è la dichiarazione ch’egli fa di volere esser veridico. Agli oratori, dice, conviene la eloquenza; convengono ai poeti le favole: agli storici conviene la verità. Per questo egli non nascose i peccati de’ suoi più grandi amici; e scrisse con somma diligenza quanto a ciascheduno era avvenuto di fare, sia secondo la dignità di cui fosse investito, sia altrimenti. Per dire la verità lo Storico deve esser libero; ed egli si conservò libero; e questa libertà, sentita da lui per indole naturale, e per l’autorità del carattere d’uomo di Stato, non fu smentita in nessuna parte della sua Storia pubblica. Per lo che in essa lo veggiamo liberamente dichiarare l’empietà di Giovanni cappadoce, prefetto del Pretorio, l’avarizia di Triboniano questore, l’ indole fraudolenta di Areta: ed enumerare le regioni, i borghi, le città, o