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della donna, che ivi avea avuta la vita. Ma l’Imperador nostro, onde temperare il rimprovero che avesse potuto farsi al fondatore dell’Impero, prima di tutto veggendo quella città angustiata per mancanza d’acqua, vi costruì un superbo acquidotto; e lo spettacolo inatteso vi offrì di tanta abbondanza d’acqua, che non solo corrispondesse al bisogno della sete e del vitto, ma eziandio ad ogni modo di lavanda, e a tutte le altre delizie, che dall’abbondanza dell’acqua si ottengono. E fece ancora un nuovo bagno; ed un altro ne ristaurò, che parte per la detta mancanza di quell’elemento, parte per la incuria era guasto e rovinoso. Di più vi fabbricò tempii, palazzi, portici, abitazioni pe’ magistrati, e con queste ed altre cose, mirabilmente abbellì, e fece lieta quella città.

Presso ad essa scorre un fiume, che gl’indigeni per la forma del medesimo chiamano Dragone, atteso che va errando tortuoso fra strette sassose, e declina, e si torce, sovente ripiegandosi ed ora torna indietro, ora si volta a destra, ora a sinistra; sicchè chi viaggia a quella parte è costretto a passarlo venti volte, e più: onde poi avveniva che molti perissero nel passaggio, sorpresi inaspettatamente dal repentino ingrossarsi delle acque, nè facile a prevedersi. E si aggiungeva pur anche, che diventava più pericoloso per la circostanza, che un folto bosco, ed un canneto vasto, e fitto ne impediva lo sbocco in mare: per lo che ne pativano ancora i luoghi vicini. E non è molto tempo, che cresciuto fortemente per grosse piogge ristagnò, e rovesciando le acque sulle adiacenti terre, recò gravissimi danni,