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nello stagno. In quel luogo le acque marine corrono a dilungo per un canale strettissimo, che va a finire di poi in alto mare, ed appunto perchè è sì angusto gli si è dato il nome di Mirmice, che vuol dire formica. Quel angusto canale in cui, come dissi, il mare si unisce allo stagno, una volta si passava per mezzo di un ponte di legno; nè senza grave pericolo delle persone, le quali tal’ora perivano sommerse insieme con quel ponte. Ma al presente Giustiniano imperadore ha assicurato a tutti il passaggio, avendo fatto costruire interamente di pietre, e sopra altissime arcate, un ponte, saldo insieme ed elegante.

Di là da Reggio v’è la città di Atira, i cui abitanti, sapendo egli che soffrivano carestia d’acqua, liberò dal flagello della sete, facendo ivi fare cisterne, nelle quali più acqua si conservasse di quella che occorresse ai loro bisogni; e si distribuisse opportunamente. Egli ristaurò pur anche le mura di quella città.

Dopo Atira v’è un luogo che gl’indigeni chiamano Episcopia. Giustiniano veggendolo esposto alle incursioni de’ nemici, e tutto quel paese non istato mai munito, e rimanere senza difesa veruna, ivi fabbricò una rocca le cui torri furono costrutte in particolare maniera; ed è questa. S’inalzò sul muro l’edifizio, da prima assai stretto, poscia allargantesi ampiamente; e su quello allargamento fu posta ogn’una delle torri: il che fa che i nemici non possano accostarsi al muro, per la ragione che tra le torri di qua e di là facilmente essi vengono colpiti dai dardi de’ difensori, i quali dall’alto tirano loro addosso. Nè all’usata foggia ivi pure sono poste le porte