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che vi nascono, sono sterili di frutto, e miseri per ogni verso, perciocchè l’anno ivi non ha vicenda di stagioni; nè la terra soggetta a fredda umidità viene poscia ricreata dal calor del sole: ma un eterno inverno vi regna, e nevi perpetue la coprono. Queste cose fecero, che gli Tzani fossero per tanto tempo esenti dal giogo dell’impero. Finalmente sotto Giustiniano imperadore vinti in battaglia dai Romani condotti da Tzita, maestro della milizia, vedendosi fuori di stato di resistere più a lungo, si diedero ben presto a divozione di lui, preferendo alla libertà una servitù tranquilla, giacchè volendosi conservar liberi troppo aveano di che vivere in timore. Congiuntamente nissuno di essi esitò a volgere l’animo alla pietà, e a darsi, abbracciata la fede cristiana, a più mite tenore di vivere. Lasciato quindi il tristo mestiere del latrocinio, si sono arrolati nella milizia de’ Romani, e si sieguono costantemente in tutte le spedizioni. Però prudentemente temendo Giustiniano che una volta o l’altra cambiando pensiero costoro possano ritornare alla pristina ferocità, pensò alle seguenti misure.

Era il loro paese aspro e tutto pieno di rupi. Perciò impraticabile pei cavalli, e non solo da precipizii e burroni in ogni parte impedito, ma eziandio, come dissi, da foltissimi boschi; e per questo tolti fuori dal commercio co’ vicini, e separati da tutti, viveano salvatici, senza principii d’umanità. Ora fatti tagliare tutti gli alberi, che impedivano il cammino, e pareggiato il suolo rompendo le disuguaglianze, vi aprì strade facili, e comode al viaggiare sì a cavallo, che in vettura: con che