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Giusto è anche dire ciò che fece a Costantina. Erano le sue mura, a considerarne l’altezza, facili ad essere scalate; e nel rimanente le costruzioni erano tali da non poter resistere ad assalto nemico, tutto facendo pensare che gli antichi, anzichè un vero lavoro di fortificazioni, altro non avessero inteso che apporvi qualche aggiunta. Imperciocchè le torri erano fra esse distanti per modo, che chi fosse venuto ad assaltare la città nello spazio tra l’una e l’altra posto, dai custodi di quelle non poteva essere impedito. Rovinose poi erano nella massima parte per l’antichità, ed aggiungasi che il muro esterno della città pareva fatto espressamente per invitare gli aggressori a superarlo. Era esso non già grosso di tre piedi, e pura creta ne congiungeva il materiale: vi erano state adoperate pietre molari fino alla metà; e nella parte superiore vi si era messa una specie di pietra bianca, mollissima, la quale non avea alcuna sodezza. Chi dunque fosse venuto ad assaltare quel muro, se ne sarebbe presto impadronito. Giustiniano Augusto le parti cadenti del muro ristaurò spezialmente a ponente e a settentrione, e dappertutto fra l’una e l’altra torre sussistente ne pose una nuova, onde potessero tutte darsi mano nella difesa. E alle mura poi, e alle torri diede notabile altezza, e la intera fortificazione ridusse in istato da rendere vane le forze nemiche. Nell’interno delle torri costruì scale segrete, ed in ognuna tre camere a volto: con che ciascheduna potevasi con tutta verità chiamare Pirgo-castello, secondo il linguaggio greco e latino. Costantina pativa eziandio di penuria d’acqua; chè fuori delle mura, ad un miglio di distanza