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delle opere altrui debbesi stare forse all’apparenza superfiziale, o prendere ciascun’ opera distaccata dagli oggetti, dai fini, e da ogni sua relazione? Nissuno certamente dirà questo.
Vituperato sì gratuitamente l’Alemanno, l’Eiscelio passa a Procopio; e la prima cosa ch’egli fa, è quella d’infirmare l’autenticità del libro. Al quale intento dice Svida solo parlarne; e Svida essere assai lontano dal tempo di Procopio, sul riflesso specialmente che se Procopio lo avea tenuto occulto a riguardo di Giustiniano, dovea poi essere messo in corso tosto che la stirpe di quell’Imperadore rimase estinta. — Ma e non fu esso dunque messo in corso, se giunse sino a Svida, e fino a noi? E non è evidente, che avendone Procopio naturalmente lasciato un solo esemplare, la diffusione del medesimo per trascrizione non poteva non rendersi lenta in paragone degli altri otto libri presentati alla corte, e pubblicati vivente l’Autore? — Forse l’Eiscelio ha sentita egli stesso la forza di queste considerazioni; e perciò passa a dire che facilmente questo libro potè interpolarsi. — Ma da chi, e per quale motivo? — Non potendo rispondere a questa domanda, dubita dell’argomento in favore dell’autenticità di questo libro tratto dalla somiglianza dello stile, dicendo nulla più facile a chi sappia bene una lingua, quanto l’esprimersi come un tale Autore, della cui lettura abbia fatto grande eser-