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duti loro gli onori che sono di rito, chiusili di nuovo in quelle casse, nelle quali erano stati ritrovati, li riseppellirono; e perchè il luogo non mancasse più nè della memoria, nè del concorso conveniente ai corpi di quegli Apostoli, piamente lo dedicarono. Nè, come già dissi, può dubitarsi che questi Apostoli non si rendessero manifesti allora agli uomini in ricompensa dell’onore fatto ad essi dall’Imperadore. Imperciocchè ove il Principe è religioso, gli enti celesti non rifuggono da’ mortali; ma godono di conversare con loro, e di consociarvisi amichevolmente.
Ma chi tacerà del tempio di Acacio? Questo era rovinoso, e Giustiniano lo disfece, e ricostruì da’ fondamenti, mirabilmente ampliato. È esso sostenuto in ogni parte da colonne di candor singolare, e del marmo stesso, di che sono fatte le colonne, n’è lastricato il suolo, onde tanto splendore ne nasce, che tutto il tempio par coperto di neve. Vi sono costrutti due portici, uno tutto a colonne, l’altro volto al foro. Poco mancò che non obbliassi di accennare la cappella conservata a S. Platone, edifizio splendido, augusto, e vicino al foro di Costantino; e il tempio del martire Mocio, il più grande di tutti, e quello del martire Tirso, e quello dedicato a S. Teodoro, posto in faccia alla Città nel luogo detto Resco; e quello della martire Tecla presso il porto, che desume da Giuliano il suo nome, e quello di S. Teodota nel suburbano detto Ebdomone, o settimo. Tutti questi il Principe nostro da’ fondamenti edificò nel tempo che regnava Giustino suo zio: i quali intanto nè facilmente alcuno può ben descrivere, nè altri quanto