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Il Nunzio. — Ma voi non veniste qua per godere degli spettacoli: bensì per ingiuriare il Principe.
I Prasini. Replico, che chiunque mi maltratta tanto vada in ruina come Giuda.
Il Nunzio. — Quietatevi, Giudei, Manichei, Samaritani.
I Prasini. — Ci chiami Giudei, e Samaritani? Ben ci è propizia la Madre di Dio!
Il Nunzio. — E fino a quando chiamate sopra le vostre teste la maledizione?
I Prasini. — Chiunque dica che l’Augusto non crede rettamente, abbiasi la maledizione di Giuda.
Il Nunzio. — Se ascoltate me, battezzatevi tutti quanti insieme.
I Prasini tumultuariamente gridarono. — Mi farò battezzare, come comandò Autlante.
Il Nunzio. — Se non vi quietate, risolutamente v’andrà la vostra testa.
I Prasini. — Ognuno ambisce l’Imperio per vivere sicuro. Ma a noi, che giaciamo in miseria, e il diciamo, l’Imperio tuo provvegga siccome vuole giustizia. Il Nume divino fa così con tutti. Noi abbiamo, o Imperadore, una rimostranza da fare, e per ciò qui diciamo tutto. Non veggiam rimanere qui, o Massimo Augusto, dignità nè di curia; nè di repubblica. Cammino in città soltanto quando v’ha il mulo. Dio voglia, o Massimo Augusto, che nè così pur sia!
Il Nunzio. — Ogni uomo libero può con sicurezza andare ove più gli piaccia.
I Prasini. — È vero: io mi fido della mia libertà; ma non per questo mi si permette di venire in pubblico. Ogni uomo libero, sospettato d’essere della fazione prasina, immantinente in faccia a tutti è tolto di vita.
Il Nunzio. — Teste destinate alla croce! così mettete le vostre vite a sbaraglio?
I Prasini. — Sì, sì, a cagione di questo color che portiamo, noi dobbiamo esser tolti di mezzo! Intanto non si trova giustizia. Tu cessa dalle stragi: e allora pagheremo la pena de’ nostri