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è accennato di sopra. Pare adunque che l’osservazione di Procopio miri a rilevare meno la materialità di questi formularii, che il sentimento superbo in essi posto da Giustiniano o da Teodora; e che il N. A. abbia insieme contemplato il complesso della loro condotta in queste cose, ove certamente appare la maligna vanità loro nel si mal trattare, siccome egli nota, chi non avesse preferito i titoli di Signori a quelli d’Imperadore e Imperatrice, e quello di servi all’altro di Principi. L’Alemanno che non ha potuto dissimulare i monumenti recati di sopra, quelli che riguardano i vescovi greci attribuisce ad adulazione e servilità; e a semplice formalità di uso quelli che riguardano i sommi Pontefici. Ma non è quistione della materialità di tali formule, ma bensi della ragione onde furono stabilite; e questa ragione chiaramente emerge dalla suprema autorità dell’Imperio, di cui gli Augusti, buoni o cattivi, erano investiti; e dalla considerazione al precetto di dare a Cesare ciò che è di Cesare. La quale considerazione non avendo potuto più aver luogo quando i romani Pontefici non furono più sudditi degli Imperadori, toglie di mezzo l’applicazione, di cui l’Alemanno in suo segreto forse temeva. E s’egli avesse badato al fatto di s. Gregorio il grande accennato da noi, sarebbesi facilmente tranquillato senza bisogno di ricorrere a ragionamenti troppo vaghi. Tale è quello, che intende dedurre dal passo di una lettera di papa Agapito a Pietro patriarca gerosolimitano, in cui dice: essendo pertanto giunti alla Corte del serenissimo Imperadore figliuol nostro ec., giusta espressione della religiosa carità del Pontefice nel caso in cui Agapito trovavasi scrivendo quella lettera, nella quale non era luogo ad officii alla persona dell’Imperadore diretti. Tale è pur l’altro, in cui dice che nessun vescovo o patriarca greco avrebbe chiamato figliuolo l’Imperadore, come Agapito in quella lettera lo chiamava. Imperciocchè per fondare il suo discorso l’Alemanno avrebbe prima di tutto dovuto riferire l’uso di quella denominazione alla persona stessa dell’Imperadore diretta; e il citato fatto di s. Gregorio il grande, come quello di Agatone dimostrano ben diversa cosa. In secondo luogo