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CAPO XXIX.

1.° Di Paolo, patriarca di Alessandria, Liberato parla in questi termini: Certo Paolo, il quale era uno degli abbati dei Monaci tabennensi, venne ordinato vescovo di Alessandria coll’intervento di Pelagio, apocrisario romano; ed era perfettamente ortodosso, ricevendo il Concilio calcedonese. Lo consacrò Menna in Costantinopoli, presente lo stesso Pelagio, responsario di Vigilio, e presenti pure gli apocrisarii di Efrem, patriarca antiocheno, e quelli di Pietro di Gerusalemme. Conferma poi lo stesso Liberato quanto il N. A. accenna intorno al fine per cui era stato alla sede di Alessandria nominato questo Paolo. E perciò, dic’egli, Paolo ebbe dall’Imperadore la facoltà della scelta de’ duci e tribuni, onde fossero rimossi gli eretici, e preferiti gli ortodossi. Siegue poi: Meditando Paolo di rimuovere Elia, maestro della milizia, certo diacono Psoe, economo della chiesa, ed amico di Elia, per mezzo di velocissimi camminatori a’ piedi, che in Egitto chiamansi simmachi, spedì lettere ad Elia avvertendolo di ciò, che Paolo macchinava. Accadde intanto che Paolo trovò le lettere di lui scritte in lingua egizia, e le lesse; e temendo quanto di Proterio era avvenuto, presa a cuore la cosa obbligò Psoe a render conto dell’amministrazione della Chiesa, indi lo consegnò in mano del giudice, ed informò dell’occorso l’Imperadore. Era in quel tempo augustale in Alessandria Rodone, il quale tenendo Psoe in custodia fino a che giungessero gli ordini dell’Imperadore, per consiglio di certo priore della città, di nome Arsenio, avuto denaro, senza saputa, per quanto dicesi del vescovo, occultamente di notte tempo con tutte forze tormentatolo il fece morire. Ora i figli e i parenti di lui ricorsero all’Imperadore, informandolo di quale violenza fosse stato quell’infelice morto. Udito un tal fatto l’Imperadore chiamò Liberio, e fattolo augustale lo spedì in Alessandria per far processo della cosa. Giunto in quella città Liberio fece venire davanti a sè Rodone, e da lui cercò come avesse ucciso il