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avere la parte con Giuda, la lebbra con Giezi, e il tremore di Caino.

7.° Mi rimane da dire, che come Evagrio ha confermato ciò che appartiene a’ magistrati, e governatori, a’ quali Giustiniano vendeva quelle cariche, lo stesso pur fu rispetto alla vendita dell’impiego di riscuotere i tributi. Tutti i sudditi vendeva per oro a quelli che raccoglievano i tributi: sono queste le parole di quello Storico.

CAPO XXII.

1.° Il fatto qui esposto, non avendo relazione nè alle cose dette nel capo antecedente, nè a quelle, che nel susseguente soggiungonsi, non poteva convenientemente far parte di nessuno di quelli. Perciò noi lo abbiamo messo a parte in conseguenza de’ principii, che ci hanno suggerita la divisione in capitoli di questo libro procopiano.

CAPO XXIII.

1.° Giovanni cappadoce era stato dieci anni prefetto del pretorio, quando fu mandato in esiglio. A Teodoto veggonsi dirette da Giustiniano alcune Novelle.

2.° Molti rescritti veggonsi pure diretti a Pietro Barsame. Di costui fa menzione l’autore della Origine di Costantinopoli, dicendo: l’antica chiesa di s. Pietro al tempo di Giustiniano il grande fu edificata da certo Pietro patrizio, siro, soprannominato Barsame, il quale allora esercitò molti magistrati. Fu prefetto del pretorio due volte, e due volte conte delle largizioni, come varii titoli di Novelle comprovano. Non è sola la storia del regno di Giustiniano, nè quella dell’Imperio greco, che presentino lo scandalo di affettata pietà in edificazioni di chiese per coprire l’empietà della vita.