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casa fabbricò il tempio di s. Pantaleone. Dall’Embolo, in cui dimoravano, le prostitute furono chiamate embolarie, come dal fornice de’ portici furono dette fornicarie.

4.° Se a Teodora imperadrice fosse stato permesso favorire una delle due fazioni, non potrebbesi attribuirle a colpa il favore da lei accordato ai Veneti. Era forse questo un compenso al benefizio avuto nella sua prima età, quando i Prasini cacciarono d’impiego sua madre, e la famiglia, siccome Procopio ha narrato. Ma quale scusa potrebbe avere Giustiniano, imitatore soltanto di cattivi Imperadori? Caligola, secondo che narra Dione, fu pei Prasini: Vitellio, dice Svetonio, ammazzò alcuni della plebe, i quali aveano dette ingiurie ai Veneti, credendo che avessero avuto lui di mira, che proteggeva quella fazione. Cosroe beffò assai bene Giustiniano, poichè trovandosi in Apamea, ed avendo inteso che l’imperadore Giustiniano pazzamente favoriva ai Veneti, egli si mostrò del partito contrario, e voleva che si desse la vittoria al colore prasino.

5.° Si è detto, che l’imperadrice Eufemia, quantunque nata di bassa condizione, erasi finchè visse opposta al matrimonio di Giustiniano con Teodora; ma è giusto aggiungere che vi si oppose anche la madre di lui, di nome Bigleniza: e che ne morì di dolore quando vide il figlio a dispetto di lei coprirsi di tanta ignominia. Rimane a considerarsi che queste due donne furono quelle, le quali in tale occasione dimostrarono sentimento di onore. Non è poi attendibile quanto in contrario si legge in Aimoino, di sopra citato. Quel fatto, dic’egli, fu dal popolo, e da tutto il senato, veduto con orrore a segno che tutti gridarono nefanda cosa avere fatto l’Augusto unendosi in matrimonio con donna sì infamemente svigliaccata. Di che chiamandosi Cesare altamente punto, ordinò che la più parte dei senatori fosse posta a morte. E ciò spaventò tanto il popolo, che ognuno temendo per sè stesso, in appresso non si pensò più a menomamente opporsi agli attentati di lui. Aimoino non poteva di queste cose essere più informato di Procopio; ed egli scrisse sulla presunzione di ciò che poteva essere, non sulla verità di quello che veramente era stato.