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mento del bagaglio, si riferisce alla malattia, che avea contratta, come Procopio stesso ha accennato nel lib. 2 della Guerra persiana.
3.° L’Areta, di cui qui si parla, fu figliuolo di Gabala, re de’ Saraceni, da Giustiniano investito del comando di una divisione dell’esercito, ed in appresso onorato anche del titolo di comandante supremo. Costui però fece la guerra per lo più assai male, lasciando in dubbio se per ignoranza, o per fellonia.
CAPO VI.
1.° Di questo Andrea, vescovo di Efeso, non si sa se non che succedette ad Ipazio nel reggimento della Chiesa efesina dall’antichità riguardata come apostolica; che intervenne al quinto Concilio di Costantinopoli, e che con altri vescovi fu mandato a chiamare il pontefice Vigilio. A que’ tempi, in cui l’asilo sacro tenevasi per inviolabile, l’azione di quel vescovo dovette considerarsi come una empietà, massimamente poi se nacque da corruzione.
CAPO VII.
1.° I filologi mettono una grande importanza in sapere quale veramente fosse questo, che qui si è interpretato interno santuario del tempio. Svida lo chiama mensa che accoglie i sacri misterii. Questa equivarrebbe al così detto Sancta sanctorum. I padri greci con altro nome lo dicono Luogo del divino lavacro: così sarebbe il Battisterio. V’è chi il vocabolo usato da Procopio spiega per Ricettacolo d’acque inservienti alla celebrazione delle cose sacre. Se con questa espressione non s’intende il Battisterio, penerebbesi ad aggiungervi un significato, non conoscendosi nella celebrazione delle cose sacre altr’acqua che quella che si aggiunge al vino nella consecrazione eucaristica: nè per questa vuolsi un ricettacolo, in cui alcuno possa nascondersi. Gregorio Magno nomina questo luogo cloaca. Pare che il traduttore latino di questa Storia arcana abbia seguita questa idea chiamando il luogo, ove Fozio si rifugiò, emissarium. Io credo bastare alla intelligenza della cosa l’interpretazione mia, che sotto una espressione generica abbraccia ogn’indicazione che vogliasi.