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vasse da parte di Giustiniano che ingratitudine; e molte altre cose aggiunse ancora sull’iniquo modo, con cui la pubblica amministrazione procedeva. Compiacquesi di questi discorsi la giovinetta Eufemia, perciocchè anch’essa mal sentiva del governo per la paura in che suo padre e lei teneva l’odio dell’Augusta; e: perdonatemi, disse, o carissima: di questi mali tutta è di voi altri la colpa, non volendovi prevalere delle forze dell’Imperio mentre pur le avete in vostre mani. A cui Antonina: noi altri, figliuola mia, rispose, non possiamo intraprendere al di fuori alcuna cosa, nè tentar novità all’esercito, quando nell’interno non abbiamo chi ci dia mano. Ma se tuo padre volesse intendersi con noi, facilissimamente, volendolo Dio, otterremmo l’intento. Ciò udito Eufemia assai volentieri entrò nel pensier di Antonina, dicendo che dal canto suo non avrebbe mancato di concorrere all’opera; e partitane tutto comunicò al padre. Preso meravigliosamente Giovanni da tale proposta, come quella che parea facilitargli il conseguimento dell’imperio da’ vaticinii predettogli, non esitò a convenir nel disegno; ed ingiunse alla figliuola che vedesse di procurargli per la domane un abboccamento con Antonina ad oggetto di personalmente accertarla della sua fede. Antonina assicurata della disposizione di Giovanni, per vieppiù allontanarlo da ogni sospetto di fraude dichiarò, che sull’istante un abboccamento, qual’egli proponeva, non sarebbe stato esente dal pericolo di dar nell’occhio a qualch’uno, sicchè quanto aveasi in mente venisse rovesciato. Ma sapess’egli, ch’essa presto avrebbe presa