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fessò tutta apertamente. Onde per tale scoperta nissuno più venne inquietato.

Non le sole romane leggi così quasi ogni giorno Giustiniano manomise; ma cercò di rovesciare anche quelle, che venerano gli Ebrei. Accadendo, che secondo i loro computi il corso dell’anno indicasse la solennità della loro Pasqua prima di quella de’ Cristiani, non permettevasi loro di celebrarla nel tempo determinato, nè di rendere gli onori a Dio, nè di compiere i religiosi loro riti. Anzi molti, che in tale tempo avessero mangiato l’agnello, con gravissima multa vennero dai magistrati puniti come rei di violata repubblica. Le iniquità di Giustiniano in questo genere infinite, e a me cognitissime, tralascio, e per dar fine una volta a questa Storia, e per avere già abbastanza fatto vedere di che indole egli fosse.

CAPO XXIX.

Tratto singolare di animo doppiamente fallace usato da Giustiniano con persone, che mostra di riguardare amichevolmente. Legge iniquissima fatta per usurpare le altrui eredità. Casi, a cui viene applicata. Pietà insultante per coprire l’ ingiustizia.

Or sono per dire quanto Giustiniano fosse dissimulatore e falso.

Egli levò il magistrato a Liberio, del quale poco fa si fece menzione; e a lui sostituì Giovanni egizio, soprannominato Lassarione. Il che saputosi da Pelagio,