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ai coloni, ai possessori di campi, ai cultori delle discipline liberali, ai mercatanti, ai naviganti d’ogni specie, agli artefici, alla turba forense e teatrale, e a tutti quelli finalmente, i quali ebbero a partecipare dei danni di tante classi di persone. Ma giusto è aggiugnere che scempio egli facesse de’ poveri, e della tanta turba giacente nella estrema miseria; giacchè di quanto facesse contro i sacerdoti parlerò poi in appresso.

Giustiniano, come ho soventi volte detto, a suo guadagno avea tratto tutti i Fori, e ridotto a monopolio ogni cosa necessaria alla vita, estorcendone a tutti i sudditi un prezzo tre volte maggiore. Nè in questo proposito potrei anche con lunghissimo discorso dire le cose che a me sono parute infinite. Sopra il pane che gli artigiani, i poveri, ed ogni magagnato miserabile è costretto a comprare, s’avea egli costituito un profitto, crudele e perpetuo, quale si era quello di trecento libbre d’oro ogni anno; sicchè era quello un pane sordidissimo, e pieno di polvere: a tanta empietà avendo l’avarizia condotto quell’Imperadore. Quindi i prefetti dell’annona, presa occasione di guadagno, immense ricchezze accumularono per sè, e scarseggiando i generi, con maligna arte i poveri trassero inaspettatamente alla fame. E la ragione si è, che a nessuno era lecito procurarsi frumento, ma doveano tutti vivere di pane compro.

Videro questi due Imperanti, che rotto essendosi l’acquidotto, pochissima acqua veniva alla città; e non pertanto trascurarono di provvedere, non volendo spendere, sebbene accorrendo in gran folla il popolo per