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con mala arte cercar sempre contro i confinanti pretesti di guerra; a guerra dichiarata imprudentemente arrestarsi e per avarizia non provvedere l’occorrente che tardi; in vece perdersi dietro a vani studii, e scrutare con dannata curiosità la natura di Dio: intanto per crudeltà e tirannide non volere abbandonare le armi, nè debellare il nemico, sordidamente risparmiando quanto a tal’uopo dovea aver pronto: ecco la sua condotta. Perciò regnante lui per l’universo mondo scorse a fiumi, e a laghi il sangue de’ Romani, e di tutti i Barbari.

Questo è ciò, che per tutto l’Imperio in quel tempo recò la guerra. Ma nei lari domestici, non minori di quelle della guerra, furono le stragi, se vogliamo annoverare i disordini dei partiti eccitati e in Costantinopoli, e nelle altre città. E nascevano i disordini da questo, che non egualmente punendosi i colpevoli, perchè quelli di un partito godevano il favore imperiale, nè l’uno, nè l’altro stavansi quieti. Gli uni adunque privi di quello, gli altri fidati essendo in esso, tutti insieme agitavansi e ruinavansi, chi spinti da somma disperazione, chi da pazza tracotanza. Per la qual cosa vedeansi, o in grossi corpi venire tra loro come a battaglia, o a drappelli azzuffarsi, od attaccarsi a due a due, ovvero, presentandosene l’occasione, proditoriamente assalirsi ed assassinarsi. Per trentadue interi anni senza intermissione così gli uni e gli altri a vicenda incrudelirono. Il prefetto della città spessissimo ne mandava molti alla morte; ma per lo più non si punivano che i Prasini.

Ma non fu meno il romano Imperio inondato del sangue de’ Samaritani e degli Eretici, a pena capitale dan-