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gusta rimanesse tocca della miseria di lui, oppure finchè quell’infelice in mezzo allo squallore di una vita ognora moribonda marcisse, e cadesse a brani.
Basiano, giovinetto della fazione Prasina, e di nascita illustre, aveasi permesso uno scherzo sopra Teodora; saputo poi com’era montata in collera contro di lui, andò a rifugiarsi nella chiesa dell’Arcangelo Michele. Essa mandò colà subito il pretore della plebe, ordinandogli di costituire Basiano reo, non dello scherzo, di cui si è detto, ma dell’infame amor de’ ragazzi. Per lo che strappato dalla chiesa fu dal magistrato sottoposto ad acerbissimo supplizio. La moltitudine del popolo, vedendo sì ingenuo e splendente corpo, uso ad ogni delicata delizia, a tormento crudelissimo dato, e la morte di lui commiserando, con clamore alzato sino al cielo, piagnendo, domandava quel giovinetto salvo. Ma con maggiore pertinacia la donna insistette ne’ supplizii, e fattogli tagliare le pudenda, lo ammazzò senza forme di processo, e senza sentenza; e i beni ne aggiudicò al fisco.
Quando Teodora montava in furore, non poteva dalle mani sue liberare chi essa volesse perduto nè asilo di chiesa, nè forza di leggi, nè il pianto di tutta la città, nè alcuna altra cosa.
Diogene, uomo d’ogni civiltà pieno, e caro a tutti, caro allo stesso Imperadore, venne a lei in odio come partigiano de’ Prasini. Lui pure volendo perdere incolpandolo di amor de’ ragazzi, cercò due servi del medesimo, e gl’introdusse calunniatori insieme e testimoni. Ma come il giudizio che se ne aprì, non era di
Procopio. | 9 |