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mi vogliate assistere, e liberare da sì trista situazione. Così diss’egli: e Teodora a lui cantando rispose: Patrizio! e allora il coro degli eunuchi gridava: hai l’ernia gonfia. Ed insistendo egli supplichevole, e alcun’altra cosa in proposito aggiungendo, Teodora ripetè il primo canto, e l’altro il coro. Di che quel miser’uomo punto, venerata Teodora secondo l’uso, ricovrossi a casa.

Essa per la più parte dell’anno ritiravasi ne’ suburbani marittimi, e spezialmente nell’Ereo, con incomodo gravissimo della gente di servizio, la quale in grosso numero la seguiva, e soggetta ora alla mancanza delle cose necessarie, ora agl’insulti del mare, e alle improvvise tempeste, od anche al pericolo della balena che apparisse. Ma per nulla ogni più grave pericolo riputavasi, purchè si godessero le delizie del luogo.

Come poi essa si conducesse verso quelli, che dispiacevanle, dirò in poche parole non volendomi caricare di un discorso che non avrebbe mai fine. Dopo che Amalasunta, siccome narrammo ne’ libri antecedenti, abbandonate le cose de’ Goti cercò altro tenore di vita, e pensò di poter soggiornare in Costantinopoli sotto la protezione delle leggi, come ogni altro cittadino, Teodora tosto prese a considerare e la nobile stirpe di quella donna, e la reale dignità, e la singolare bellezza, e l’acuto e svelto ingegno della medesima; e facilmente le si presentò alla mente quanto potesse temere e dalla maestà del virile animo di quella, e dalla leggerezza del marito. Nè trattò essa lievemente questa rivalità; ma pensato ad insidiare quella regina, e a prepararle la morte, immantinente indusse Giustiniano a spedire a lei