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rio, direttore della orchestra1 de’ Prasini, per la gola di una somma di denaro mandò via dell’impiego quelli che lo esercitavano, e chi l’avea pagato mise senza verun ostacolo in posto loro: chè i direttori delle orchestre aveano in ciò fare ogni arbitrio. La madre vedendo un giorno molto popolo accorrere alle cacce, messe alle sue figlie in capo e nelle mani corone, le presentò al pubblico supplichevoli, tentando per questo modo riparo alla mancata fortuna: ma i Prasini rigettarono la supplica. La loro buona sorte però volle che anche i Veneti fossero rimasti senza chi curasse le loro fiere; e ne diedero l’officio a quelle donne.
La madre, come le figliuole furono in età da potere starsi con uomo, essendo altronde belle fanciulle, le andava mettendo sulla scena, non tutte in una volta, ma bensì a mano a mano che ciò poteva convenire ad ognuna. Comitona, la maggiore di esse, distinguevasi già tra le prostibole2 sue eguali. Teodora, che alla prima veniva dietro per la età, con maniche alle braccia, come sogliono andar le servette, e vestita di una picciola tunica, la seguiva prestandole ogni opportuno servizio, e s’incaricava di portare sulle sue spalle la seggiola, su cui Comitona si adagiava ne’ circoli. Come poi giunse anch’essa al fior della età, e già fatta matura, venne dalla madre destinata alla scena, e presto fu una delle prostibole, che gli antichi chiamavano Planipedi; perciocchè nè fu trombettiera, nè cantatrice,