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quel matrimonio essi ne aveano rimessa la celebrazione al loro ritorno; e quando in fine furono chiamati a Costantinopoli, sebbene ne avesse Belisario fatta tanta istanza, dissero non potere per allora partirsi d’Italia. Ma Teodora sapendo, che la fanciulla, non avendo Belisario altri figli, ne sarebbe stata l’erede, voleva, come già fu detto, che Anastasio avesse il possesso de’ beni di Belisario. Però non fidossi ella in questo affare di Antonina; anzi temette, che se a lei avvenisse di morire, quella donna non conservasse più a riguardo suo la benevolenza di cui in tante gravissime cose avuto avea non dubbie riprove; e che niun attaccamento più avesse per la famiglia sua, e rompesse l’accordo dianzi fatto. Dopo queste considerazioni, ecco l’empio attentato ch’ella eseguì. Contro ogni più sacro principio mette la donzella a convivere col paggio, non senza fama che occultamente e per forza l’avesse fatta violare, affinchè per la viziatura della fanciulla confermati gli sponsali, l’Imperadore non potesse opporvi impedimento. Ma anche dopo un tal fatto, da otto mesi convivendo insieme Anastasio e la donzella, erano già presi entrambi di mutuo ardentissimo amore.

L’Imperadrice era morta quando Antonina approdò a Costantinopoli. Essa istruita di tutto, finse pur d’ignorarlo, o di dimenticarlo; e nulla curando l’infamia dello stupro, se dar potesse ad un altro in isposa la figlia, niun riguardo avuto al nipote di Teodora, dall’amore di lui violentemente strappò la figlia benchè scontenta: il che presso tutti le diede concetto di donna improbissima. Giunto poi dall’Italia il marito, poca fatica ebbe a fare per trarlo a parte di tanta scelleraggine. E