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cuna grande impresa, potuto avrebbe, secondo ch’era degno di sua virtù, arrischiare un giusto colpo contro la moglie, e contro quelli, che tanto lo aveano oppresso. Ma dimentico di ogni cosa sofferta, e del giuramento che lo legava a Fozio, e agli altri suoi famigliari, tutto pendeva dall’arbitrio di Antonina, della quale durava ad essere ciecamente ed ardentissimamente innamorato, quantunque essa non contasse meno di sessant’anni.

Giunto adunque in Italia, per disfavore del divino Nume un gran rovescio di cose incominciò di giorno in giorno a soffrire. Nella prima guerra contra Teodato e Vitige, per lo più gli erano riuscite bene le misure che secondo le circostanze avea prese, benchè paressero per niun conto opportune al caso. Ma nella seconda fu di parecchi opinione, che ottime misure realmente prendesse, come già esperto di quanto una guerra in Italia comportava; ma andategli per lo più malamente le cose, sorse e confermossi altro sentimento, cioè, che le misure prese fossero cattive. Veramente bisogna dire che le faccende de’ mortali non dalla ragione umana, ma sieno rette da Dio, comunque gli uomini sieno stati soliti a parlar di fortuna, conoscitori al certo degli eventi, ma ignari delle cause, onde quelli procedono: dal che poi nasce che ove non trovano ragione de’ fatti, tosto li spieghino per opere di quella. Lascio però che ognuno su di ciò pensi a suo modo. Dirò intanto che dopo la seconda sua spedizione in Italia Belisario vergognosissimamente ne partì, mentre per cinque interi anni non gli bastò l’animo, conforme già accennai, di prender terra coll’armata, nè di ripararsi