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serenata 443

Dunque, per la memoria di tal sorte
     Pon giù quella superbia, che tu hai.
     Segui il regno di Venere e la corte.
     220Se a mio modo, o Pomona, farai,
     Apri allo amante le serrate porte,
     Usa pietà, e pietà troverai.
     E, come questo la Vecchia ebbe detto,
     Si fece un bello, e gentil giovanetto.
225Talchè Pomona, parte per paura,
     Parte commossa da sì lieta faccia
     Non quasi stette od ostinata, o dura,
     Ma dal suo petto ogni crudeltà caccia;
     E di Vertunno assai lieta, e secura
     230Si mise volontaria nelle braccia;
     E visse seco un gran tempo felice,
     Se ’l ver di questo chi ne scrive dice.
Donna beata, a cui si canta, e suona,
     E voi d’intorno che questo intendete,
     235Imitate l’esemplo di Pomona,
     E non la crudeltà d’Anassarete.
     Ecco il tuo servo che piange, e ragiona,
     E di veder sol la tua faccia ha sete.
     E ti prega ch’al mal d’altrui ti specchi,
     240Ed a’ suoi prieghi porga un po’ gli orecchi.
Non è la sua età vecchia, e matura,
     Non è la vita sua tanto diversa,
     Nè sì brutto creato l’ha natura,
     Che tu debbi essere a sue voglie avversa.
     245Vedi la macilente sua figura,
     E dagli occhi le lacrime, che versa
     Da far pietoso un cor, benchè villano,
     E muover a sua posta un tigre ircano.