Ma costei più crudele era che ’l mare,
Quando da’ venti è tempestato e mosso, 155E via più dura ancor che ’l ferro pare
Qual da Norico fuoco è fatto rosso,
E più che ’l sasso, che fuor non appare,
Ma stassi ancor sotterra duro e grosso;
E con parole, e con fatti il disprezza: 160Tanto era questa donna male avvezza!
Sopportar questo giovin non potette
Del dolor la lunghezza, e del tormento,
E lagrimando avanti all’uscio stette
Della sua donna ripien di spavento; 165Poi questa voce lacrimabil dette:
Tu vinci, Anassarete. Io son contento
Morire, acciò che più tu non sopporti
I mia fastidj, e vittoria ne porti,
Orna le tempie tue di verde alloro, 170Trionfa della guerra, ch’io ti mossi:
Tu se’ contenta, e io contento moro;
Poi ch’altrimenti piacerti non puossi.
E poi che non ti muove il mio martoro,
Come se ferro, o dura pietra fossi, 175Godi, da che la sorte mi conduce
A mancare or dell’una, e l’altra luce,
Perchè non ti abbia a narrare altra gente
Il lieto nuntio della morte mia,
Tu me vedrai co’ tuoi ochi pendente, 180Il che maggior contento assai ti fia;
Prendi, crudel, questo crudel presente,
Ch’ha meritato la tua villania;
Ma voi, Celesti, che questo vedete,
Forse di me qualche pietate arete,