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438 serenata

E perchè la natura di mutarsi
     Gli avea concesso in variati volti,
     Soleva alcuna volta un villan farsi,
     60Ch’avesse allotta i buoi dal giogo sciolti;
     Ed ora in un soldato transformarsi,
     Ed or parea ch’avesse pomi colti;
     E così transformava sua natura
     Per veder sol di costei la figura.
65Dipoi, per quietar le fiamme accese,
     E per venir d’ogni suo voglia al fine,
     L’immagin d’una donna vecchia prese
     Con la rugosa fronte e ’l bianco crine,
     E dentro all’orto di Pomona scese
     70Tra pomi e frutte che parean divine,
     E salutolla e disse: Figlia mia
     Bella, e più bella assai, se fussi pia,
Beata ben tra l’altre ti puoi dire,
     Da che con questi pomi ti compiaci;
     75Poi la baciò, e lei potè sentire
     Non esser quelli d’una vecchia i baci,
     E simulando non poter più ire,
     Si pose sopra un sasso e disse: taci,
     Figliuola, se ti piace, meco alquanto,
     80E quest’olmo che è quì, pon mente intanto.
Vedi ancor quella vite, che lui serra
     Tra le sue fronde e la chiude e invoglie;
     Senza quell’olmo ella sarebbe in terra,
     E non si onoreria di tante spoglie.
     85L’olmo, senza la vite ch’egli afferra,
     Non arebbe altro in se, che rami e foglie.
     Così l’un senza l’altro in poco d’ora
     Inutil tronco, inutil legno fora.