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CAPITOLO. 435

Un astuto veder Mercurio infuse,
     Onde la lieta fortuna e li affanni,
     96E le fatiche tieni aperte o chiuse,
Iunone un alma ne’ privati panni
     Pose, da dominare imperio e regni;
     99E Saturno ti diè di Nestor li anni.
O don di tanti Dei, fa che tu degni
     Ricever me fra tuoi fedel soggetti,
     102Se aver tal servidor tu non isdegni.
E s’i’ vedrò il mio canto ti diletti,
     Versi ’n tua laude gloriosi e immensi
     105Suoneran questa valle e quei poggetti.
Che sono i pensier mia in modo intensi
     A compiacerti, ch’i’ desider solo
     108Io d’ubbidir, tu di comandar pensi.
E bench’i’ sia nutrito da lo stuolo
     D’esti rozzi pastor, di te parlando
     111Assai più all’alto che l’usato volo.
Ancor più su andar mi vedrai quando
     Conoscerò che ti sia accetto il dono,
     114Ch’i’ venga le tue laude recitando.
Oltra di questo ciò ch’i’ ho ti dono,
     Tuo è l’armento che tu vedi, ancora
     117Queste povere pecore tua sono.
Ma perchè li è quasi venuta l’ora,
     Che prendon li animal qualche riposo,
     120E ’l Vespertilio sol si vede fuora;
Celerò quello amor ch’i’ porto ascoso,
     Ed a casa n’andrò col mio armento,
     123Sperando un dì tornar più glorioso
A cantar le tue laude, e più contento.