Pagina:Opere di Niccolò Machiavelli VI.djvu/454

434 CAPITOLO.

Pietoso se’ se qualche miser senti
     Per contraria fortuna o per amore,
     63Col tuo dolce parlar tu lo contenti.
Non che gloria tu sia d’ogni pastore,
     Come ognun veder può le selve adorni
     66Quale ogni Dio di quelle abitatore.
Nè vi duol più che Diana soggiorni
     In cielo o selve, nè Febo curate
     69D’Ameto a riguardar li armenti torni.
Nè di Ecuba il figliuol più non chiamate
     Non Cefal, non Atlanta, perchè più
     72Felice con costui, più liete state.
In te veggo adunata ogni virtù,
     Nè maraviglia par, perchè a plasmarti
     75Non uno Dio a tanta opera fu.
Quando al principio Dio volse crearti
     Il primo magisterio a Vulcan diede,
     78Per più bel, più giocondo o lieto farti.
Or poichè Giove creato ti vede,
     Sì allegro si mostra e lieto in vista,
     81Che dubbia del suo stato Ganimede.
Però che in quella terra d’acqua mista
     Uno spirito tal Minerva immisse,
     84Qual mai tempo o fatica non acquista.
Intorno al capo tuo Vener poi fisse
     Le sua grazie immortali, ed ai pastori
     87Benigno viverai e grato, disse.
L’ore bianche viole e freschi fiori
     Colson liete dipoi, e con quei suci
     90Ti sparson tutto, e con variati odori.
Marte feroce, onde tu più riluci,
     Nel generoso petto un core incluse
     93Simile a Cesar Duca, agli altri Duci.