A Cesare occupar fe’ questo il regno;
E quel che Ingratitudo non concesse, 156Li dette la iusta ira e ’l iusto sdegno.
Ma lasciamo ir del popul l’interesse:
A’ Principi e moderni mi rivolto, 159Dove anco ingrato cor natura messe.
Acomatto Bascià, non dopo molto
Ch’egli ebbe dato il Regno a Baiasitte, 162Morì col laccio intorno al collo avvolto.
Ha le parti di Puglia derelitte
Consalvo, e al suo Re sospetto vive 165In premio de le Galliche sconfitte.
Cerca del mondo tutte le sue rive;
Troverai pochi Principi esser grati, 168Se leggerai quel che di lor si scrive;
E vedrai come e’ mutator di stati
E donator di regni sempre mai 171Son con esilio o morte ristorati.
Perchè, quando uno stato mutar fai,
Dubita chi tu hai principe fatto, 174Tu non gli tolga quel che dato gli hai;
E non ti osserva poi fede nè patto,
Perchè gli è più potente la paura 177Ch’egli ha di te, che l’obligo contratto.
E tanto tempo questo timor dura,
Quanto pena a veder tua stirpe spenta, 180E di te e de’ tuoi la sepoltura.
Onde che spesso servendo si stenta
E poi del ben servir se ne riporta 183Misera vita e morte violenta.
Dunque, non sendo Ingratitudin morta
Ciascun fuggir le Corti e’ stati debbe; 186Che non c’è via che guidi l’uom più corta
A pianger quel che volle, poi che l’ebbe.