Come in Africa ancor le insegne misse
Prima Siface, e dipoi d’Anniballe 90E la fortuna, e la sua patria afflisse.
Allor gli diè il gran barbaro le spalle;
Allora il Roman sangue vendicò, 93Sparso da quel per l’Italiche valle.
Di quivi in Asia col fratello andò,
Dove per sua prudenzia, e sua bontà 96D’Asia il trionfo a Roma riportò.
E tutte le provincie, e le Città,
Dovunque e’ fu, lasciò piene d’esempi 99Di pietà, di fortezza e castità.
Qual lingua fia, che tante laudi adempi?
Qual occhio, che contempli tanta luce? 102O felici Roman! felici tempi!
Da questo invitto, e glorioso duce
Fu a ciascun dimostro quella via, 105Ch’alla più alta gloria l’uomo conduce.
Nè mai negli uman cuor fu visto, o fia,
Quantunque degni, gloriosi, e divi, 108Tanto valore e tanta cortesia;
E tra que’ che son morti, e che son vivi,
E tra le antiche, e le moderne genti, 111Non si trova uom, che a Scipione arrivi.
Non però invidia di mostrargli i denti
Temè della sua rabbia, e riguardarlo 114Con le pupille de’ suoi occhi ardenti.
Costei fece nel popolo accusarlo,
E volle un infinito benefizio 117Con infinita ingiuria accompagnarlo.
Ma poichè vide questo comun vizio
Armato contro a se, volse costui 120Volontario lassar lo ’ngrato ospizio;