Dal pianto il viver suo comincia quello
Con tuon di voce dolorosa, e roca; 126Tal ch’egli è miserabile a vedello.
Da poi crescendo la sua vita è poca
Senz’alcun dubbio al paragon di quella, 129Che vive un cervo, una cornacchia, un’oca.
Le man vi diè natura, e la favella,
E con quelle anco ambizion vi dette, 132E avarizia, che quel ben cancella.
A quante infermità vi sottomette
Natura prima; e poi fortuna quanto 135Ben senz’alcun effetto vi promette!
Vostr’è l’ambizion, lussuria, e ’l pianto,
E l’avarizia, che genera scabbia 138Nel viver vostro, che stimate tanto.
Nessun altro animal si trova, ch’abbia
Più fragil vita, e di viver più voglia, 141Più confuso timore, o maggior rabbia.
Non dà l’un porco all’altro porco doglia,
L’un cervo all’altro; solamente l’uomo 144L’altr’uom ammazza, crocifigge, e spoglia.
Pens’or come tu vuoi ch’io ritorni uomo,
Sendo di tutte le miserie privo, 147Ch’io sopportava mentre che fui uomo.
E se alcuno infra gli uomin ti par divo,
Felice, e lieto, non gli creder molto; 150Chè ’n questo fango più felice vivo,
Dove senza pensier mi bagno, e volto.