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410 DELL’ASINO D’ORO.

In Vener noi spendiamo e breve, e poco
     Tempo; ma voi senza alcuna misura
     93Seguite quella in ogni tempo, e loco.
La nostra specie altro cibar non cura,
     Che il prodotto dal Ciel sanz’arte, e voi
     96Volete quel che non può far natura.
Nè vi contenta un sol cibo, qual noi;
     Ma, per me’ sodisfar l’ingorde voglie,
     99Gite per quelli infin ne’ Regni Eoi.
Non basta quel, che in terra si ricoglie,
     Che voi entrate all’Oceano in seno,
     102Per potervi saziar delle sue spoglie.
Il mio parlar mai non verrebbe meno,
     S’io volessi mostrar come infelici
     105Voi siete più ch’ogni animal terreno.
Noi a natura siam maggiori amici,
     E par, che in noi più sua virtù dispensi,
     108Facendo voi d’ogni suo ben mendici.
Se vuoi questo veder, pon mano a’ sensi,
     E sarai facilmente persuaso
     111Di quel, che forse pel contrario pensi.
L’aquila l’occhio, il can l’orecchio e ’l naso,
     E ’l gusto ancor possiam miglior mostrarvi,
     114Se il tatto a voi più proprio s’è rimaso;
Il qual v’è dato non per onorarvi,
     Ma sol perchè di Vener l’appetito
     117Dovesse maggior briga, e noja darvi.
Ogni animal tra noi nasce vestito,
     Che ’l difende dal freddo tempo, e crudo,
     120Sotto ogni Cielo, per qualunque lito.
Sol nasce l’uom d’ogni difesa ignudo,
     E non ha cuojo, spine o piume o vello,
     123Setole o scaglie, che li faccian scudo.