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DELL’ASINO D’ORO 397

Vero è, che suol durar o più o meno
     Una potenza, secondo che più
     78O men sue leggi buone, ed ordin fieno.
Quel Regno che sospinto è da virtù
     Ad operare, o da necessitate,
     81Si vedrà sempre mai gire a l’insù.
E per contrario fia quella cittate
     Piena di sterpi silvestri, e di dumi,
     84Cangiando seggio dal verno alla state,
Tanto che al fin convien che si consumi,
     E ponga sempre la sua mira in fallo,
     87Chi ha buone leggi, e cattivi costumi.
Chi le passate cose legge, sallo
     Come gli imperj comincian da Nino,
     90E poi finiscono in Sardanapallo.
Quel primo fu tenuto un uom divino,
     Quell’altro fu trovato fra l’ancille
     93Con una donna dispensar il lino.
La virtù fa le region tranquille;
     E da tranquillità poi ne risolta
     96L’ozio, e l’ozio arde i paesi, e le ville.
Poi quando una provincia è stata involta
     Ne’ disordini un tempo tornar suole
     99Virtute ad abitarvi un’altra volta.
Quest’ordine così permette, e vuole
     Chi ci governa, acciocchè nulla stia,
     102E possa star mai fermo sotto ’l Sole.
Ed è, e sempre fu, e sempre fia
     Che il mal succeda al bene, il bene al male,
     105E l’un sempre cagion dell’altro sia.
Vero è, ch’io credo sia cosa mortale
     Pe’ regni, e sia la lor distruzione
     108L’usura, o qualche peccato carnale;