Onde avvien, che l’un sorge, e l’altro muore;
E quel ch’è surto, sempremai si strugge 45Per nuova ambizione, o per timore.
Questo appetito gli Stati distrugge;
E tanto è più mirabil, che ciascuno 48Conosce questo error, nessun lo fugge.
San Marco impetuoso, ed importuno,
Credendosi aver sempre il vento in poppa, 51Non si curò di rovinare ognuno;
Nè vide come la potenza troppa
Era nociva: e come il me’ sarebbe 54Tener sott’acqua la coda, e la groppa.
Spesso uno ha pianto lo Stato ch’egli ebbe;
E dopo il fatto poi s’accorge, come 57A sua rovina, ed a suo danno crebbe.
Atene, e Sparta, di cui sì gran nome
Fu già nel mondo, allor sol rovinorno 60Quand’ebber le potenze intorno dome.
Ma di Lamagna nel presente giorno
Ciascheduna città vive sicura, 63Per aver manco di sei miglia intorno.
A la nostra città non fe paura
Arrigo già con tutta la sua possa, 66Quando i confini avea presso alle mura;
Ed or ch’ella ha sua potenza promossa
Intorno, e diventata è grande, e vasta, 69Teme ogni cosa, non che gente grossa.
Perchè quella virtute, che soprasta
Un corpo a sostener quand’egli è solo, 72A regger poi maggior peso non basta.
Chi vuol toccare l’uno, e l’altro polo,
Si trova rovinato in sul terreno; 75Com’Icar già dopo suo folle volo.