Ciascun occhio pareva una fiammella
Tanto lucente, sì chiara, e sì viva, 60Ch’ogni acuto veder si spegne in quella.
Avea la testa una grazia attrattiva,
Tal ch’io non so a chi me la somigli; 63Perchè l’occhio al guardarla si smarriva.
Sottili, arcati, e neri erano i cigli;
Perchè a plasmargli fur tutti gli Dei, 66Tutti i celesti, e superni consigli.
Di quel, che da quei pende, dir vorrei
Cosa, che al vero alquanto rispondesse: 69Ma tacciol, perchè dir non lo saprei.
Io non so già chi quella bocca fesse;
Se Giove con sua man non la fece egli, 72Non credo, ch’altra man far la potesse.
I denti più che d’avorio eran begli;
E una lingua vibrar si vedeva, 75Come una serpe infra le labbra, e quegli:
D’onde uscì un parlare, il qual poteva
Fermare i venti, e fare andar le piante, 78Sì soave concento, e dolce aveva!
Il collo, e il mento ancor vedeasi, e tante
Altre bellezze, che farian felice 81Ogni meschino, ed infelice amante.
Io non so, se a narrarlo si disdice
Quel che seguì da poi; perocchè ’l vero 84Suole spesso far guerra a chi lo dice;
Pur lo dirò, lasciandone il pensiero
A chi vuol biasimar; perchè tacendo 87Un gran piacer non è piacer intero.
Io venni ben con l’occhio discorrendo
Tutte le parti sue infino al petto, 90Allo splendor del qual ancor m’accendo.