Pagina:Opere di Niccolò Machiavelli VI.djvu/411


DELL’ASINO D’ORO 391

E goderemo insieme in questo loco.
     E detto questo, una sua tovaglietta
     27Apparecchiò su un certo desco al fuoco.
Poi trasse d’uno armario una cassetta,
     Dentrovi pane, bicchieri, e coltella,
     30Un pollo, un’insalata acconcia, e netta;
Ed altre cose appartenenti a quella.
     Poscia a me volta, disse: questa cena
     33Ogni sera m’arreca una donzella.
Ancor questa guastada porta piena
     Di vin, che ti parrà, se tu l’assaggi,
     36Di quel, che Val di Greve, e Poppi mena.
Godiamo, adunque, e come fanno i Saggi,
     Pensa, che ben possa venire ancora,
     39E chi è dritto, alfin convien che caggi.
E quando viene il mal, che viene ognora,
     Mandalo giù come una medicina,
     42Che pazzo è chi la gusta, e l’assapora.
Viviamo or lieti infin, che domattina
     Con la mia greggia sia tempo uscir fuori,
     45Per ubbidire all’alta mia Regina.
Così lasciando gli affanni, e i dolori,
     Lieti insieme cenammo, e ragionossi
     48Di mille canzonette, e mille amori.
Poi, come avemmo cenato, spogliossi,
     E dentro a letto me fe’ seco entrare,
     51Come suo amante, o suo marito fossi.
quì bisogna alle Muse il peso dare,
     Per dir la sua beltà; chè senza loro
     54Sarebbe vano il nostro ragionare.
Erano i suoi capei biondi, com’oro,
     Ricciuti, e crespi; talchè d’una Stella
     57Pareano i raggi, o del superno Coro.